Ascolto e consapevolezza
Nel Raja Yoga la pratica si rivela un campo di apprendimento.
La qualità degli atti eseguiti nel corso della pratica rispecchia la nostra condizione interiore e mentale. Quando siamo inquieti, agitati, quando ci sentiamo instabili, i nostri gesti inevitabilmente palesano questa condizione nervosa; se siamo invece centrati e in grado di intrattenere una relazione amichevole con le sensazioni che arrivano ai nostri centri nervosi, i nostri muscoli esprimono tale stato. In base alle risposte muscolari agli stimoli esterni, come pure a quanto avviene in noi, abbiamo modo di riconoscere lo stato interiore che a queste risposte corrisponde.
Di fatto, l’apprendimento passa attraverso l’osservazione e l’ascolto di una mente pacificata. Come ci sperimentiamo nei momenti in cui siamo liberi dal moto inquieto della mente? Come questo “essere altro”, questo particolare silenzio, riverbera sul corpo e sull’organizzazione motoria? Come cambia il modo di compiere gesti, il tono muscolare attraverso il quale il gesto prende forma?
Si impara ad ascoltare ascoltando. Si scopre che il nostro ascolto ha diverse gradazioni: quando per esempio è alterato da aspettative o desideri, il nostro ascolto è sterile. Frequentemente si ascolta in modo frettoloso, ritenendo di conoscere già l’evento osservato, e così si rimane in superficie.
Quando però l’ascolto arriva in profondità, allora si vede, c’è riconoscimento. E si diviene consapevoli.
La consapevolezza porta a un riassetto. E non c’è sforzo di volontà in questo.
Parti del nostro corpo escluse o poco partecipi al movimento o alle posture tornano in gioco, divengono attive.
Quando si diventa coscienti dell’intima concatenazione che caratterizza gli eventi corporei, ci apriamo a una visione più ampia, che supera i limiti della percezione ordinaria, inevitabilmente parziale.